........."Già i Romani erano a conoscenza delle risorse idriche della Valle dell’Amaseno, tanto che realizzarono, probabilmente su precedenti canalizzazioni Volsche, un acquedotto che serviva Terracina.
L’opera d’elevata ingegneria, risale al II° sec. D.C., quindi all’epoca degli Imperatori Adriano ed Antonino Pio, ed era lunga più di 54 chilometri.
Il centro di captazione si trovava a circa 100 metri slm mentre la cisterna d’accumulo, chiamata "Castellum", si trovava a quota 50 metri slm. Pertanto, sui 56 chilometri del tragitto, la pendenza media era di 0,09 % (la media degli acquedotti romani più famosi è di 0,1%).
I romani adattarono l’opera alla morfologia accidentata del terreno, facendola correre in gran parte in trincea o galleria, e solo per oltrepassare valloni e fossati si costruirono ponti ed arcate.
L’altezza andava tra i 1,60 ed i 2,10 metri, mentre era largo dai 50 ai 70 centimetri, ma qualcuno ipotizza che in alcuni punti raggiungesse anche il metro di larghezza.
Non dimentichiamo che lungo il percorso si trovava la città romana di Privernum e che, a dimostrazione di quanto la valle fosse importante per i Romani, l’intera zona è ricca di emergenze archeologiche. Alcuni resti dell’acquedotto sono noti da tempo. Nel territorio del comune di Sonnino (LT) sono visibili notevoli vestigia. Mentre vicino a Terracina, due grandi arcate hanno, nel Medioevo, dato vita a numerose leggende, tanto da identificare i due manufatti con i nomi di "Ponte del Diavolo" e "Pozzo di S. Antonio".
Risalendo la valle dell’Amaseno, altri resti murari di forma circolare sono presenti ai piedi del colle su cui sorge il paese di Roccasecca dei Volsci. Le strutture risalenti allo stesso periodo dell’acquedotto, poste a breve distanza dal tracciato dello stesso, sono da ritenersi delle cisterne aventi circa 12 metri e mezzo di diametro"............
GIANCARLO PAVAT
dal periodico "Alleanza Volsca" della provincia di Latina - dicembre 2002

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